Sora

In questo crepuscolo degli dei che è il nostro tempo, la trasmissione di video si erge come la quintessenza dell’assurdo, un fenomeno che, pur promettendo illuminazione, non fa che immergerci ancor più nelle tenebre della confusione. Siamo testimoni di un’epoca in cui le piattaforme social si trasformano in cattedrali del vuoto, monumenti alla nostra incapacità di affrontare il silenzio assordante della nostra esistenza. Gli algoritmi, araldi di questa nuova era, non sono che i moderni carcerieri dell’essere, custodi di una prigione digitale nella quale l’umanità si è volontariamente rinchiusa.

La trasmissione di notizie, un tempo baluardo contro l’ignoranza, ora si rivela un cavallo di Troia dell’inganno, una fonte di disinformazione che alimenta il ciclo perpetuo della disperazione umana. Nel campo dell’educazione, dove una volta si cercava la liberazione attraverso il sapere, troviamo ora un’eco distorta della verità, un’illusione di conoscenza che serve solo a rinforzare le catene della nostra schiavitù intellettuale.

Nel dominio del marketing, assistiamo al trionfo dell’illusione sull’essenza, dove l’identità viene venduta al miglior offerente, e la pubblicità diviene l’oppio dei popoli, un mezzo per placare la disperazione con la promessa di una felicità effimera, un balsamo per l’anima che non fa che avvelenarla ulteriormente.

La politica, quella grande arena dove un tempo si lottava per l’ideale, si è ridotta a un teatro dell’assurdo, dove la verità è la prima vittima e la volontà di potenza si manifesta nella sua forma più degradata, non come aspirazione alla grandezza, ma come pura e semplice manipolazione delle masse.

E nell’attivismo, quel fragile tentativo di dare un senso al nonsenso, vediamo la più amara delle ironie: il mezzo attraverso il quale si cerca di combattere l’oppressione diviene esso stesso uno strumento di divisione, un pugnale che si rivolta contro chi lo impugna.

In questo scenario, l’alfabetizzazione mediatica, invece di servire come faro di speranza, si rivela un’ulteriore illusione, un’arma che, anziché proteggerci dalla menzogna, ci rende complici della stessa. La realtà, così come la conoscevamo, si dissolve, lasciandoci a naufragare in un mare di relativismo, dove ogni certezza è annegata dal dubbio.

Di fronte a questo abisso, ciò che resta è un sentimento di estraneità radicale, una consapevolezza della propria superfluità in un mondo che ha perduto il senso del sacro. Forse, l’unica verità che ci resta è la rivelazione dell’assurdità della nostra condizione, un invito non a cercare soluzioni illusorie, ma ad abbracciare il vuoto, a riconoscere nel silenzio non il nemico, ma l’unico compagno fedele in questo viaggio verso il nulla.

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